lunedì 12 marzo 2012

La kryptonite nella borsa - Ivan Cotroneo - 2011


La kryptonite nella borsa - Ivan Cotroneo

Napoli, 1973. Peppino è il più giovane membro della famiglia Sansone. Neanche dieci anni, l'onta di una forte miopia giovanile e un'ammirazione per lo strambo cugino che crede di essere Superman. In seguito alla sua morte, il piccolo Peppino comincia a immaginarne la presenza, e di questo supereroe fantasma dal naso aquilino e dal forte accento napoletano fa il suo unico amico fidato. Quando la madre Rosaria entra in depressione dopo aver scoperto che il marito la tradisce, sarà infatti lui, più che i due zii giovani e incoscienti o i tre piccoli pulcini donati dal padre fedifrago, a insegnargli come trovare il proprio posto nel mondo.
Ancora una famiglia, ancora uno sguardo al passato. Ancora un marito che tradisce e una moglie in depressione. Ancora figli scapestrati dal guardaroba a fiori e un canzoniere d’antan che risuona fra mobili di modernariato. Dentro al film d’esordio di Ivan Cotroneo, sceneggiatore fra i più apprezzati nel panorama cine-televisivo, ci sono molti degli elementi più rappresentativi del cinema italiano contemporaneo. Quel che cambia è il modo di guardare ad essi: un leggero cambio di direzione determinato a ringiovanire lo sguardo e riabilitare la non freschissima materia da trattare.

Dai Cantone, Mine vaganti concepite per il passaggio di Ozpetek alla commedia, ai Sansone della Kryptonite, Cotroneo si dimostra esperto narratore di ragioni e sentimenti di quella ossessione tutta italiana chiamata famiglia. Con il valore aggiunto, rispetto al film di Ozpetek, di fare della maschera della diversità il polo di astrazione, prima ancora che di attrazione, del suo intreccio.
Da un suo romanzo, l’autore napoletano trae un film alla base semplice e spensierato come in fondo devono essere tutte le storie che narrano una crescita. La kryptonite aggancia una serie di personaggi paralleli che non vagano solo in maniera satellitare e parassitaria come esuberanti macchiette attorno al giovane outsider precoce e al suo supereroe immaginario, ma ne arricchiscono il percorso di vitalità narrativa e vivacità espressiva. Dalla madre depressa di Valeria Golino e i suoi desideri di giovinezza rimasti sull’isola di Procida, ai tradimenti e ai goffi gesti di paternità del padre Luca Zingaretti; dalle avventure hippie dei due fratelli Libero De Rienzo e Cristiana Capotondi alla disperazione da zitella spiantata di Monica Nappo. Grazie a questa serie di caratteri piacevolmente brillanti e complessi, il piccolo romanzo di formazione dalla copertina vintage si arricchisce dei vizi e delle virtù di varie generazioni, rifigurati sotto una veste pop ma non patinata.
L’epoca dell’amore libero e delle esperienze lisergiche rivive così in una Napoli dai colori vividi e accesi, dove gli unici dettagli in bianco e nero sono le immagini delle reclame della tv. Attraverso piccole parentesi da musicarello e un certo numero di elementi scabrosi lavati e ripuliti a secco per l’occasione, l’iniziazione al mondo del piccolo Peppino si compie più agile e svelta. E al ritmo di “These boots are made for walking”, anche il cinema dello stivale dimostra di avere voglia di muoversi a piccoli passi dai suoi cliché.





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